Regia di Luca Medici
Con Checco Zalone, Souleymane Silla, Manda Touré, Nassor Said Barya, Gianni d’Addario, Barbara Bouchet
Sceneggiatura di Luca Medici, Paolo Virzì
Italia, 2019
Durata 90′
Solo, solo. È questo il significato del titolo del nuovo film di Luca Medici alias Checco Zalone, quinto da protagonista, ma primo da regista.
Il suo ultimo film, Quo Vado, aveva battuto il record d’incasso di 65 milioni di euro, e dopo quattro anni è tornato sul grande schermo. Gennaro Nunziante, regista e sceneggiatore dei suoi precedenti film, ha abbandonato la nave (discrepanze economiche? Probabile) e così Checco si è ritrovato improvvisamente “Solo Solo”. L’ansia da prestazione è così aumentata, urgeva assolutamente un nuovo film, il tempo passava, ma troppo, non si poteva più aspettare. E fu così che Pietro Valsecchi, patron della Taodue, suo celebre produttore, mise in contatto Checco con il celebre regista e sceneggiatore, Paolo Virzì, tirando fuori una storia contemporanea e sociale, che finì per affrontare il tema dell’emigrazione. Partorita la struttura, Checco si ritrovò nuovamente “solo, solo” nell’inserimento del suo tocco, dove prima il contributo di Nunziante era pressoché fondamentale. Oltre a interpretare il film, decise di mettersi dietro la macchina da presa, assumendosi il rischio della gestione di un film estremamente complicato, con riprese in Kenya, Marocco, Malta, Roma e Bari per 20 settimane di lavorazione, un budget enorme, 20 milioni di euro, e diverse difficoltà, dalla gestione di tantissime comparse, scene colossali su navi fino ad affrontare temperature elevate, che toccavano i 50 gradi. Essendo a conoscenza del proprio potenziale, non poteva sbagliare, motivo per cui si è isolato totalmente a seguire la post produzione del film fino a pochi giorni della sua uscita.
Come si può giudicare questo lavoro?
Il film è uscito due giorni fa in 1.500 sale e per ora stiamo a 14 milioni di euro di incasso, di cui 8,6 guadagnati solamente il primo giorno. Ha tutto il weekend davanti, una strada in salita. Dunque molto bene sul piano economico per ora, ma è ora di passare al piano contenutistico e stilistico.
Oggetto della storia è la più grande tragedia della nostra contemporaneità, ovvero l’emigrazione di milioni di persone dall’Africa all’Italia. Per una serie di vicissitudini, Checco si ritrova a compiere il viaggio del migrante assieme a un gruppo di africani, che precedentemente lo avevano accolto quando era fuggito dall’Italia, sommerso dai debiti.
In un’ora e mezza di racconto si ironizza su diversi temi, dalla famiglia, che preferirebbe vedere morto il figlio per ottenere così un risarcimento dallo stato e conseguente annullamento dei debiti, al solito italiano medio, attaccato al valore economico del proprio abbigliamento firmato.
Si ride anche della politica italiano, impeccabile il personaggio di Luigi Gramegna (Gianni d’Addario), che da galoppino locale in breve diventa assessore, sindaco, prefetto, ministro degli Esteri, presidente del consiglio fino alla carica di presidente della commissione europea.
“Un mostro con una carriera alla di Maio, vestito come Conte e con il linguaggio di Salvini” così l’ha definito Zalone, durante la presentazione stampa del film.
Da segnalare anche la comparsa di Nichi Vendola con una formidabile autoparodia.
Un altro protagonista di una serie di gag in Tolo Tolo è questa crema all’acido ialuronico, alla quale Checco è particolarmente affezionato, che va incarnato come simbolo della banalità delle cose, cui ci attacchiamo quotidianamente. L’inserimento di essa nel contesto africano sta infatti a evidenziare il grosso gap con l’Occidente, poiché loro giustamente hanno problemi più gravi da affrontare, quale in primis la sopravvivenza.
Tolo Tolo è un film ricco di umanità e speranza. Colpisce a pieno lo spettatore, lo fa anche con immagini forti, le prigioni libiche, viaggi su una carretta in mezzo al mare, pur inserendo ironia e satira nel pieno stile della tradizione della commedia all’italiana. Qui Zalone si fa più poetico dei precedenti film, più impegnato, e il messaggio sociale stavolta vuole essere più dirompente che mai. È forse questa la grandissima differenza dai suoi precedenti film con Gennaro Nunziante e che sicuramente il contributo di Paolo Virzì ha reso definitivamente possibile.
Si ride di meno, si riflette di più. Era necessario che anche Zalone si innovasse e per ora sembra essere riuscito in questa sua metamorfosi. Ed era soprattutto giusto stupire totalmente lo spettatore, che si è trovato davanti a un film totalmente diverso e inaspettato. Merito anche di una campagna marketing, che non ha diffuso trailer, ma solo un video musicale, Immigrato, totalmente slegato dai contenuti del lungometraggio, e soprattutto nessuna notizia sulla trama fino all’ultimo minuto.
Checco, ora non sei più “solo solo”